Il Basso Piemonte fin dal tempo della dominazione romana era attraversato da una rete viaria commerciale e militare che consentiva il collegamento tra l’entroterra e il mare per lo scambio e la commercializzazione dei prodotti con le zone costiere di tutto il Mediterraneo.

Gli Appennini e le Alpi Marittime non presentavano, almeno per la metà del percorso, difficoltà particolari perché il versante ligure è influenzato dai tiepidi venti marini e non da quelle intense nevicate e quei climi rigidi che invece caratterizzano il Basso Piemonte.

Il percorso principale che collegava Piacenza con Genova, passando per Tortona, era rappresentato dal tratto iniziale della Via Postumia, asse portante del sistema viario di tutta la Pianura Padana. A Genova esso si innestava sulla Via Aurelia che, provenendo da Roma costeggiando il Mar Tirreno e il Mar Ligure arrivava fino alla Provenza.

 

L’arco ligure, ricco di insenature riparate ed ampi golfi atti ad ospitare porti commerciali, aveva favorito la fondazione, ad ovest di Genova, delle città di Savona, Albenga, Finale, Imperia. Queste località, collegate fra loro dall’Aurelia, commerciavano con l’interno attraverso una fitta rete di diramazioni della Postumia che lungo l’asta del Tanaro innervavano la parte meridionale dell’attuale Piemonte.

L’unica difficoltà nel percorso era rappresentata dai passi appenninici. Il Cadibona con la Sella di Altare, il più importante, era attraversato dal ramo principale della Via Aemilia Scauri (derivante dalla Postumia). Da Finale Ligure si doveva salire al colle del Melogno e si raggiungeva la Postumia a Ceva; da Albenga, attraverso il colle del S. Bernardo, si raggiungeva Ceva, alla quale si arrivava anche attraverso il colle di Nava da Imperia. Da Ceva una diramazione, attraverso Carrù, Benevagienna, Pollenzo, raggiungeva Torino. Una breve deviazione da Pollenzo consentiva i traffici per Alba e Asti per poi rientrare da lì nella Via Postumia.

 

Non essendo queste vie se non diramazioni della principale Via Postumia, esse non portavano uno specifico nome; questo spiega l’attribuzione del nome di Sonia per il tratto da Ceva a Torino. L’Aurelia, la Postumia come pure la Aemilia Scauri erano vie militari e civili per eccellenza: le altre loro correlate erano puramente “viae mercatorum”, vie commerciali lungo le quali era possibile trovare in transito sementi, spezie, olio, sale, pesce da tutto il Mediterraneo e i prodotti della Pianura Padana destinati al commercio via mare.

Il declino e la caduta dell’Impero Romano pone in crisi anche il sistema viario ma i vari potentati che si creano lungo la costa ligure, non a caso aventi come capoluogo i porti già romani, mantengono gli antichi rapporti con gli staterelli dell’interno per i quali l’arco occidentale della Liguria diventa bacino commerciale sul quale tentar di estendere il proprio dominio.

 

Tra il XIII e il XV secolo, dispersi gli itinerari romani di attraversamento degli Appennini, si crea una ragnatela di percorsi medievali che portavano la massa dei viandanti a raggiungere il punto di raccordo nella zona di Ceva. Da Ceva, era ormai il fiume, il Tanaro, a condurre la strada: tutte le alture del bacino orografico erano percorse da carrarecce che a valle, a mezza costa e a culmine, consentivano il transito delle merci. Strutture fortificate (Priero), bastite (Bastia Mondovì), castelli (Cigliè, Rocca Cigliè, Niella Tanaro), città (Mondovì), nascono per accogliere, difendere e dominare questo territorio. Le viae mercatorum dell’epoca sono principalmente interessate dal commercio del sale e delle spezie.

Sui percorsi delle merci si muovono anche viandanti mossi dalla fede in direzione di luoghi santi in un pellegrinaggio sempre più affollato diretto verso centri di devozione come Imperia, punto di fede mauriziana cara ai pellegrini svizzeri e piemontesi, e soprattutto verso le mete universalmente celebrate di Santiago, di Roma e di Gerusalemme.

 

Lungo le vie della valle del Tanaro, punteggiate di croci, piloni, sacelli, quasi segnali di percorso, vengono erette in quegli anni cappelle e chiese votive con ampi porticati atti ad accogliere, proteggere ed assistere i sempre più numerosi gruppi di fedeli in transito alla volta dei luoghi di culto. La presenza ad ogni incrocio di segni di devozione popolare è inequivocabile testimonianza delle consuetudini di vita che per secoli i borghi lungo la valle del Tanaro hanno conservato.

 

Le immagini a fresco che decorano le chiesette e le cappelle disseminate nelle campagne rispecchiano nelle iconografie e ritraggono i santi per eccellenza protettori dei viandanti e dei pellegrini. Ecco quindi San Giacomo (Cappella di Sant’Anna a Niella Tanaro), San Rocco (Cappella di San Rocco a Cigliè, Ex Confraternita dei Disciplinati di Sant’Antonio a Niella Tanaro), Sant’Antonio Abate (Chiesa di San Fiorenzo a Bastia Mondovì, Ex Confraternita dei Disciplinati di Sant’Antonio a Niella Tanaro) e solitamente all’esterno, come in San Fiorenzo, la grande figura di San Cristoforo. Dove la decorazione si amplia in storie di qualche complessità si trovano anche raffigurate le Opere di Misericordia che indicano la via da seguire per raggiungere il Paradiso, la Cavalcata dei Vizi che inesorabilmente conduce alle pene infernali, la Strage degli Innocenti con la Fuga in Egitto, la Passione di Cristo e la Salita al Calvario. Tutto indica, non solo al viandante che sosta sulla sua strada, un cammino da seguire per sostenere l’animo e la mente di chi osserva. I soggetti rappresentati, più che per ricreazione, hanno lo scopo di istruire, ammaestrare e confortare il pellegrino stanco, a volte scoraggiato e non di rado vittima dei ladroni incontrati cammin facendo. Questo passare di cappella in cappella aiuta non solo a ristorare il corpo ma soprattutto a confortare lo spirito nella fede per giungere adeguatamente preparati alla meta finale.

Non si può chiudere questa presentazione senza un cenno ad un evento che negli ultimi vent’anni del Seicento ha fortemente improntato le zone del Monregalese citate in questo progetto. Bastia, Niella Tanaro, Cigliè e Rocca Cigliè sono state protagoniste di quella che fu definita la “Guerra del Sale”, la rivolta delle popolazioni del distretto di Mondovì contro l’imposizione di gabelle sull’acquisto del sale decretate dal Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, signore del territorio.

 

La prima “guerra” tra il 1680 e il 1681 si concludeva con un’amnistia nell’aprile 1682 per il perdono dei reati di sollevazione, la diminuzione del quantitativo di sale da acquistare e l’abbassamento dei diritti di dogana per il passaggio del bestiame. La seconda, nel 1698, vide una rivolta particolarmente violenta e le truppe del Duca intervennero duramente per sedare la sollevazione: incendiarono saccheggiarono e deportarono i rivoltosi al lavoro forzato nei campi nelle zone paludose e malsane del Vercellese. Due Editti datati 5 maggio e 4 luglio 1699 conclusero la seconda “guerra del sale” ed è in essi che vennero minuziosamente indicati i nomi dei rivoltosi, le pene inflitte e i luoghi di deportazione.

La via “Sonia” in tutte le sue diramazioni fu usata dai contrabbandieri che proprio a seguito della soppressione del diritto all’esenzione della gabella del sale, avevano intensificato fortemente il commercio illegale tra le Langhe e la Liguria, forti del fatto che questa via era comunque secondaria, poco trafficata, e nei tratti tra Bastia, Cigliè, Rocca Cigliè, prima di ridiscendere a Niella Tanaro, si prestava assai bene. per la sua conformazione geografica fra dirupi, frane, calanchi e anfratti, a nascondere sia il contrabbandiere che il sale.

 

Il progetto “Le cappelle del Tanaro sulle le Vie dei Pellegrini e del Sale” che viene proposto dall’Associazione Culturale San Fiorenzo, dall’Associazione Pro Niella Tanaro e dai Comuni di Cigliè e di Rocca Cigliè, per il Bando Valorizzazione “Beni in Rete”, si prefigge di incrementare la conoscenza turistica e culturale del territorio e delle cappelle facenti parte del progetto.

 

Gli obiettivi perseguiti sono quindi quelli di giungere ad avere abitanti consapevoli del valore del proprio territorio e dei monumenti che lo impreziosiscono e di portare alla conoscenza di un pubblico sempre più vasto le testimonianze che, anche se non di eccelsa qualità o raffinata tecnic, offrono un saporoso spaccato di vita vissuta. *

 

*Il testo è estratto dalla scheda storica a cura dello Studio dell’architetto Marco Musso di Piozzo (CN) e integrato da annotazioni e riflessioni dello storico dell’arte ed editore del progetto “Le cappelle del Tanaro sulle Vie dei Pellegrini e del Sale”, dott. Adriano Antonioletti Boratto.